Ai lati del nostro cancello crescevano insieme due
cipressi canadesi, li avevano piantati là prima che nascessimo.
Erano cresciuti molto, inamovibili, inseparabili e
maestosi.
Con loro l’ingresso di casa appariva più importante per
la loro imponenza.
Facevano una bella ombra che invadeva tutta la strada; i
loro rami mossi dal vento parevano accarezzarsi, durante le tempeste si
sostenevano a vicenda; erano abitati dalle tortorelle, i loro frutti erano
pigne lunghe.
In primavera si riempivano di gemme verde chiaro che
diventavano i nuovi rametti, le loro chiome d’estate assumevano un bel verde
carico argentato, di autunno si ammantavano
di infiorescenze gialle, d’inverno qualche punta dei loro rametti si
faceva marrone scuro, bruciate dal vento gelido.
Un brutto giorno di primavera si abbatté una tempesta
tremenda e una folata di vento molto forte sradicò il cipresso che stava alla
destra del cancello. Circa dopo un anno anche l’altro cipresso venne divelto
per la stessa causa.
I due cipressi avevano le radici molto diramate in
superficie ma poco cresciute in profondità: solo sostenendosi a vicenda erano
riusciti a rimanere in piedi così al lungo.
Quando furono divelti i loro fusti e rami ostruirono il
cancello; anche i nostri vicini accorsero per rimuoverli, eravamo tutti
sconvolti e addolorati, ci mancavano molto.
Marcella conservò dei rametti e i loro tronchi furono
tagliati e messi come appoggi per vasi di piante sotto il nostro abete che sta
in cortile.
La cosa più importante che hanno lasciato sono i loro
figli, fra i quali il più maestoso è il cipresso che svetta in cima al
Rivellino, piantato dopo il terremoto dalla zia Giovannina molto piccolo
d’avanti alla sua baracca(Krivaja).
Ora nel nostro cortile ci fanno compagnia d’avanti alla
cancello da un lato due cipressi a forma di alti cespugli.
Questa vicenda ci insegna a essere fiduciosi nel compagno
fidato.
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